M.R. Maluccio, C. Rossi, E. Di Coscio, C. Frittelli, G. Gambaccini, M.P. Virgili, R. Galli
U.O.C Neurofisiopatologia, Ospedale “F. Lotti” Pontedera – USL5
Le malattie muscolari o miopatie sono affezioni muscolari primitive caratterizzate da una alterazione strutturale e funzionale delle fibre muscolari striate. Si tratta di malattie rare con prevalenza singola di 1:2000 abitanti, ereditarie ed acquisite.
Tra le prime, la Distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è la più frequente, causata dall’assenza completa della proteina distrofina contenuta nella membrana della fibra muscolare, dovuta a mutazioni del gene localizzato sul cromosoma X; presenta una trasmissione recessiva legata al cromosoma X e colpisce per lo più i bambini maschi. Un’alterazione qualitativa o quantitativa della distrofina provoca varianti più lievi come la Distrofia muscolare di Becker. La distrofia miotonica di Steinert, caratterizzata dalla presenza del cosiddetto fenomeno miotonico che consiste in una contrazione muscolare protratta che persiste dopo una contrazione volontaria per ritardato rilasciamento muscolare e la Distrofia Facio-scapolo-omerale, caratterizzata da una progressiva perdita di forza e atrofia muscolare a carico dei muscoli facciali e del cingolo scapolare, rappresentano le altre due forme di miopatia ereditaria più frequenti.
Importanti sono l’età e il sesso del paziente, quest’ultimo fondamentale per discriminare le miopatie a trasmissione X-linked, la modalità di esordio e l’evoluzione nel tempo, i sintomi ovvero la presenza di intolleranza all’esercizio fisico, di fatica muscolare, di mialgie, di crampi o contratture muscolari, e i segni clinici come ipo-atrofia muscolare, pseudoipertrofia (tipica delle distrofinopatie), deficit di forza, deambulazione anserina, presenza di scapola alata, comparsa di urine scure dopo sforzo fisico (suggestiva di una mioglobinuria caratteristica delle miopatie metaboliche) o del fenomeno miotonico e, nel bambino, la difficoltà a sollevarsi da terra, manovra che viene eseguita con una sorta di arrampicata su sè stesso.
Si procede attraverso un prelievo per il dosaggio degli enzimi muscolari (CPK, LDH, aldolasi), di alcuni indici infiammatori e metabolici (acido lattico, ammonio) e all’ esame elettromiografico, utile nella diagnosi differenziale di alcune miopatie. Bisogna decidere se eseguire il test genetico, esame fondamentale per la diagnosi/diagnosi differenziale nel sospetto di una miopatia ereditaria, oppure una biopsia muscolare eventualmente preceduta da esami complementari come il test da sforzo ischemico e il test da sforzo incrementale per il dosaggio di ac. lattico e ammonio (mancato rialzo dell’ac. lattico nelle glicogenosi; eccessivo rialzo di ac. lattico e mancata produzione di ammonio nelle malattie mitocondriali) oppure una TC o una RM muscolare, per definire il pattern di compromissione muscolare. In molti casi è la biopsia che consente di indirizzare lo studio genetico, riconoscere il deficit della proteina responsabile di una forma di distrofia muscolare oppure la presenza di materiale di accumulo o di infiltrati infiammatori.
La maggior parte presenta un andamento cronico ed un decorso progressivo che comporta il coinvolgimento di altri sistemi e apparati. Specie nelle miopatie ad insorgenza nell’infanzia, l’interessamento cardiaco rappresenta una delle complicanze più importanti, potendo evolvere verso una cardiomiopatia dilatativa ed essere la principale causa di mortalità nei pazienti; in alcuni casi le manifestazioni cardiologiche possono comparire prima dei sintomi/segni neurologici. E’ importante un programma di follow-up periodico sia attraverso la valutazione clinica che gli esami strumentali, per poter cogliere eventuali segni precoci di interessamento cardiaco. Una progressiva compromissione dei muscoli respiratori, associata ad una ridotta attività motoria causata dalla progressiva perdita della forza muscolare, è responsabile dell’elevato rischio di complicanze respiratorie sia a carattere infettivo che disventilatorio che possono essere fatali. In presenza di un’insufficienza respiratoria cronica, è necessario ricorrere alla ventilazione non invasiva oppure, in caso di insuccesso , alla tracheotomia. Oltre alla gestione ospedaliera nelle riacutizzazioni respiratorie è importante la gestione domiciliare, attraverso un addestramento dei care-givers, per un maggior tasso di successo. I pazienti miopatici possono manifestare anche disturbi gastrointestinali secondari all’interessamento delle cellule muscolari lisce del canale alimentare, disturbi dell’apparato foniatrico o alterazioni odontostomatologiche (macroglossia, alterazioni articolari anche a carico dell’ATM) che comporta, la disfagia, responsabile sia di possibili stati di denutrizione con perdita eccessiva di peso corporeo sia di polmoniti ab ingestis, così da rendere necessaria una nutrizione enterale o parenterale. Comuni sono i problemi ortopedici legati alla presenza di deformità ossee come la scoliosi o di retrazioni tendinee. Importanti sono i possibili disturbi cognitivi e comportamentali i quali, associati ai deficit motori, possono determinare difficoltà relazionali che ricadono sia sul vissuto personale che sugli equilibri familiari e sulle interazioni sociali del nucleo familiare.
E’ necessario un impegno specifico e diversificato attraverso un approccio multidisciplinare che veda coinvolte diverse figure professionali (cardiologi, pneumologi, otorinolaringoiatri, gastroenterologi, ortopedici/fisiatri, logopedisti, nutrizionisti, fisioterapisti/psicomotricisti, neuropsicologi) le quali, riunendosi in un team di lavoro all’interno di Centri Multidisciplinari di riferimento, possano gestire le complessità della patologia. Al centro, il neurologo quale punto di riferimento programmando consulenze specialistiche, esami diagnostici nonchè il timing di esecuzione degli stessi in base all’evoluzione individuale della malattia e al grado di coinvolgimento sistemico.
L’esigenza di individuare un percorso assistenziale sia intraospedaliero sia integrato ospedale-territorio specificamente dedicato è strettamente all’evidente impatto sociale di e alle difficoltà crescenti in termini di carico e di oneri assistenziali, per cui è necessario poter garantire una continuità assistenziale. Quest’ultima può attuarsi attraverso l’integrazione degli interventi. Così si offre la risposta assistenziale più idonea focalizzata sui bisogni del singolo malato, per il miglioramento delle condizioni di vita e l’autonomia del malato oltre che il supporto e il sostegno alle famiglie.