
Giuseppe Figlini, Direttore Responsabile
Abbiamo preso atto dei programmi enunciati dal Ministro della Salute per il futuro della sanità italiana. Noi medici non siano dei politici, ma operatori che vivono – per scelta – accanto al malato ed alle sue necessità.
Non esprimiamo quindi giudizi che non ci competono, però rileviamo come nella sua continuità operativa il Ministro parli in questo modo oggi rispetto solo ad un anno fa, quando entrò in carica per la prima volta. I problemi, per il nostro settore, in verità sono rimasti sempre gli stessi. Comunque il riferimento è soltanto un dettaglio.
Ciò che appare nuovo, invece, è che si riparli di tagli ma al contempo d’investimenti. Indubbiamente si profila un’accelerata d’intenti e ci proponiamo in tal senso di valutare e vigilare giorno per giorno. Non è affatto scetticismo il nostro, bensì reale ed oggettiva attesa verso proposte certo innovative, in ogni modo legate ad un sinergismo attuativo. Prende corpo cioè un futuro ad incastri, dove un’indomabile burocrazia potrebbe avere un peso non indifferente nel raggiungimento dei risultati prefissi.
Lei parla di lotta agli sprechi per investire in strutture e tecnologie. Sul piano di principio un incastro perfetto. Di contorno si muove un Paese dove non viene mediamente battuto uno scontrino su tre e dove l’esenzione dal ticket tocca – come Lei stessa stigmatizza – punte dell’80%. Ci spieghi: è da lì che intenderà trovare fondi sufficienti per contribuire a risparmiare 3 miliardi di euro da reinvestire? Sinceramente, auguri.
Intanto però dovrebbe spiegarci come possiamo continuare a fare correttamente il nostro lavoro – a fronte d’un fattivo impegno che è sotto gli occhi di tutti – con attese medie per esami di oltre un anno. In sostanza, Gentile Ministro, se per giungere ad una conclusione diagnostica del paziente dobbiamo attendere un anno, quale potrebbe essere l’obiettiva ricaduta di salute? Due i possibili, non rari scenari: o ci si rivolge al Pronto Soccorso, intasandolo oppure chi ne avesse le possibilità al privato.
E qui, ci perdoni, sorge spontanea un’altra perplessità: se, in chiave di controlli clinici, una volta l’anno una famiglia di quattro persone con reddito al di sotto di 1500 euro al mese spendesse 85 euro di ticket quale sarebbe il suo reale risparmio economico? Non pensa invece che potrebbero pensare di non farne di nulla di quelle analisi e di affidarsi, al contrario, alla benevolenza del destino?
Concludendo: azzeri effettivamente le liste d’attesa ad aspettative dignitose per un Paese civile, solo per fare un esempio. Poi faccia i suoi programmi. Esagerato?