R. Sacco, A. Mazzoni, F. Scatena, G. Bresci

AOUPisana

Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (rettocolite ulcerosa e dal morbo di Crohn) stanno attirando sempre di più l’interesse dei clinici e della popolazione  in considerazione dell’aumento della loro incidenza e dell’impatto sociale che determinano.

Queste malattie ormai rappresentano, dal punto di diffusione nella popolazione, la malattia infiammatoria cronica più frequente dopo l’artrite reumatoide.

Nonostante i progressi che si sono verificati in questi ultimi anni in campo medico la causa della malattia, permane tuttora sconosciuta ma si pensa che molteplici fattori quali quelli immunitari, ambientali, dietetici, psicogeni, vascolari, infettivi su soggetti geneticamente predisposti possano determinarne la insorgenza. Anche il meccanismo che determina nell’organismo  la malattia non è chiaro ma si ipotizza una amplificazione e perpetuazione di processi infiammatori che a loro volta coinvolgerebbero il sistema immunitario.

Dal momento che la causa della malattia non è ancora completamente conosciuta, non esiste una terapia che possa far guarire i soggetti ma è solo possibile mediante farmaci noti da anni bloccare la fase acuta della malattia e cercare di mantenere il paziente nella fase di remissione per il maggior tempo possibile.

Non sorprende pertanto il tentativo di trovare nuovi approcci terapeutici nella speranza di trovare soluzioni migliori a quelle attuali e  vista l’importanza che il processi infiammatori in questa malattia è stato proposto un presidio medico che avrebbe l’obiettivo di ridurre i processi infiammatori e immunitari.

Si tratta di un sistema di filtraggio del sangue mediante riduzione dei leucociti attraverso una deplezione  selettiva di granulociti, monociti e macrofagi. Questa metodica, riducendo i fattori proinfiammatori favorirebbe anche una modulazione di quelli immunitari. Con questa metodica, inoltre, si  stimola il midollo a produrre cellule che, essendo meno mature, riducono di per se l’infiammazione.

Nella pratica la metodica consiste in una leucocitoaferesi selettiva (granulocitaferesi) dove il sangue viene filtrato mediante un sistema chiuso che elimina selettivamente le cellule e viene reintrodotto nel paziente (figura 1).

Figura 1. Sistema  per leucoaferesi

Attualmente viene consigliata una seduta alla settimana della durata di un’ora per cinque settimane.

L’idea nasce dal convincimento dell’importanza che i processi infiammatori ed immunologici hanno nel determinare queste malattie e dalla difficoltà che spesso si incontra nel trattare con le terapia tradizionali alcuni pazienti, senza considerare gli effetti collaterali che talora i farmaci attualmente utilizzati nei casi difficili e cioè immunosoppressori e biologici determinano limitandone quindi il loro utilizzo.

Presso l’AOUP grazie alla collaborazione tra la U.O.C di Gastroenterologia e Malattie del Ricambio (diretta dal Dr. Giampaolo Bresci,) e quella Immunoematologia (diretta dal dr. Fabrizio Scatena) è stato possibile utilizzare tale presidio per primi in Italia – e tra le prime in Europa in pazienti con malattie infiammatorie croniche dell’intestino che non rispondono alla terapia tradizionale, vantando quindi da tempo la più elevata casistica di pazienti trattati sul territorio italiano.

Per questa elevata casistica, i medici pisani sono stati invitati, ad aprile scorso, a relazionare l’esperienza maturata alla celebrazione del decimo anno dell’utilizzo del presidio medico (Adacolumn). L’iniziativa, promossa da una casa madre Otsuka, si è tenuta nella villa Tuscolana di Frascati (Roma) e si intitolava “Adacolumn in Italia: quanto abbiamo appreso dal trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali. I primi 10 anni”.

Per la AOUP era presente il Dr. Rodolfo Sacco, che ha riassunto l’esperienza clinica a oggi raccolta a Pisa su Adacolumn, presentando i risultati più significativi che evidenziano risposte positive sul 60% dei casi, dato estremamente positivo se consideriamo che la pratica è attualmente limitata ai pazienti che, pur avendo una fase clinicamente attiva della malattia, non rispondono alla terapia tradizionale e verso i quali non avremmo terapia alternative.

Tale presidio quindi può al momento rappresentare una valida alternativa alla terapie attuali ma anche terapia ponte in attesa di eventuale intervento chirurgico in elezione.