Giuseppe Figlini, Direttore Responsabile

Ieri poco, oggi troppo, domani  ancora poco, forse molto poco. Parliamo d’iscrizioni all’Ordine professionale e della loro altalena storica, attuale e futura nell’ultimo mezzo secolo.

Negli anni ’60, in un’Università tipo Pisa, le matricole si contavano in poco più d’un centinaio perché c’erano vincoli d’accesso. Poi seguì il “boom” con l’apertura a tutto campo, per qualunque scuola superiore e si  registrò in conseguenza una crescita del mille per cento. Oggi, in Italia, si laureano in media circa diecimila medici all’anno. Due terzi troveranno inserimento nelle scuole di specializzazione, un altro terzo rimarrà con la sola laurea in tasca. Non potrà, cioè, accedere a concorsi pubblici od ospedalieri.

Così, man mano che i “vecchi” sono andati, vanno ed andranno in pensione, non ci sarà più il necessario ricambio, grazie alle nuove normative. Già, a livello istituzionale di settore, si paventa la carenza in ambito nosocomiale di specialisti quali anestesisti, circa un migliaio secondo le previsioni, neurochirurghi e pediatri. Una prospettiva tutt’altro che rassicurante.

Già nel Nord Italia cominciano ad essere insufficienti i medici di continuità assistenziale, un po’ la base del nostro sistema sanitario pubblico. Si potrà indicare una possibile soluzione nell’aumentare i “massimali”, ma sarà come nascondersi dietro il classico dito. La gente, a spasso, ci sarà sempre.

C’è stato un tempo in cui la grande aspirazione dei genitori era quella di avere un figlio medico, un vanto per cui fare tutti i sacrifici possibili. Adesso, tante cose sono cambiate ed i genitori di oggi stanno necessariamente guardando in altre direzioni per la sicurezza nel futuro dei loro ragazzi. Abbiamo, ma non solo noi, lanciato il sasso nello stagno. Qualcuno cominci a preoccuparsi. Il Parlamento che uscirà con la prossima legislatura dovrà darsi e darci una risposta, forte e chiara.