
Giuseppe Figlini, Direttore Responsabile
La medicina – e quindi il nostro impegno alla tutela della salute, espresso con il Giuramento d’Ippocrate – l’abbiamo imparata all’università, sui libri, nelle aule di lezione, accanto ai malati.
E’ un dato di fatto, incancellabile: chi non ammettesse questo principio basilare si squalificherebbe da solo. E’ una premessa indispensabile soprattutto ora che, con la nuova legislatura, il Parlamento ha il compito istituzionale di lavorare per il bene dei cittadini anche in tale settore.
In sostanza l’appello che, come Ordine, rivolgiamo con fermezza a Senato e Camera all’inizio del loro mandato, si muove in parallelo a quanto da sempre rappresenta l’essenza della nostra missione. Sono percorsi certo diversificati nella loro essenza, ma l’obiettivo rimane comune e ciò deve stimolarci a dare il meglio dell’esperienza e della partecipazione propositiva. Siamo convinti che, da parte di tutti noi medici, ciò avverrà giorno dopo giorno con trasparenza e determinazione.
Da qui, la richiesta chiara alle massime Istituzioni dello Stato, ad ascoltare anche la nostra voce, proprio nella comunanza d’intenti. L’invito è dunque a parlare, fin da ora, un linguaggio comune al di là di legittime ideologie e colori.
Per noi, la salute è una ed una soltanto, un diritto dei cittadini ed assieme un preciso dovere dello Stato. Non ci sono vie di mezzo o scorciatoie che finiscono unicamente per umiliare chi, fin dalla nascita, si affida alla nostra fiducia.
Il livello di civiltà d’un Paese si misura anche attraverso quanto lo Stato è capace di offrire alle esigenze di salute dei cittadini. Lo può fare attraverso l’attività del Parlamento, un compito importante, ma non meno di quello che noi viviamo in ogni momento a contatto con la gente, come singoli e come categoria.
Guardiamoci allora in faccia, lealmente e confrontiamo le idee. Insieme potremo senz’altro contribuire a migliorare il Paese. Le difficoltà – e non saranno poche – si affronteranno e si supereranno meglio se sapremo agire in sintonia. Noi siamo pronti, la parola spetta ora al Parlamento.