R. Ceravolo, D. Frosini, V. Nicoletti, M. Giuntini, U. Bonuccelli U.O. Neurologia AOUP
La Malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta e progressiva, che coinvolge principalmente alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. Fu James Parkinson, un farmacista chirurgo londinese, che nel 1817 per primo descrisse gran parte dei sintomi della malattia nel famoso “Trattato sulla paralisi agitante”.
La malattia si riscontra nel 3 per mille della popolazione generale e circa nell’1% di quella sopra i 65 anni. In Italia i malati di Parkinson sono circa 300.000, con età d’esordio compresa fra i 59 e i 62 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni.
La Malattia di Parkinson è causata dalla progressiva morte dei neuroni della sostanza nera, una piccola zona del mesencefalo che, attraverso il neurotrasmettitore dopamina, controlla
i gangli della base (nuclei caudato, putamen e pallido), i quali partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti. Vi sono diversi meccanismi proposti per cui le cellule cerebrali, nella malattia vanno incontro a morte. Uno di questi prevede che un accumulo anomalo della proteina alfa-sinucleina, legata alla ubiquitina, danneggi le cellule. Questa proteina insolubile si accumula all’interno dei neuroni formando delle inclusioni, chiamate corpi di Lewy. La Malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente. E’ stato dimostrato che i sintomi iniziano a manifestarsi quando sono andati perduti circa il 50-60% dei neuroni dopaminergici.
I principali sintomi motori della malattia di Parkinson sono il tremore a riposo, la rigidità, la bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici) e, in una fase più avanzata, l’instabilità posturale (perdita di equilibrio); questi sintomi si presentano solitamente in modo asimmetrico, con un lato del corpo è più interessato dell’altro.
Tuttavia ci sono dei piccoli segnali che si manifestano anche molti anni prima della comparsa della Malattia di Parkinson e possono aiutarci ad identificarla precocemente: tra questi i più importanti sono la perdita del senso dell’olfatto, la stipsi e i cambiamenti di umore e personalità come il manifestarsi dell’ansia nelle situazioni nuove, il ritiro sociale e la depressione. Ma il piu importante tra questi sintomi premotori è certamente rappresentato dal Disturbo Comportamentale del sonno REM (REM Behavior Disorder- RBD), un disturbo del sonno caratterizzato da movimenti bruschi, soprattutto di aggressione e/o difesa, somniloquio o grida che accompagano la fase onirica del sonno in cui solitamente si ha una completa atonia muscolare che appunto non si verifica nei soggetti con tale disturbo. Circa il 40% delle persone con RBD può sviluppare il Parkinson, addirittura a dieci anni di distanza dal manifestarsi dei primi sintomi.
L’individuazione di questi segnali ha un’importanza rilevante al fine di identificare soggetti a rischio in fasi molto precoci, potenzialmente trattabili con terapie in grado di modificare la progressione della malattia. In questa prospettiva appare essenziale avere strumenti che individuino nel contesto di questi soggetti a rischio quelli con maggiore probabilità di sviluppare, possibilmente anche in tempi ravvicinati, la malattia conclamata, poiché questa popolazione di soggetti potrebbe beneficiare di potenziali trattamenti in grado di rallentare la progressione di malattia o addirittura di prevenire la conversione da una forma pre-motoria ad un fenotipo di malattia completo.

La diagnosi della Malattia di Parkinson si basa essenzialmente su criteri clinici e su indagini strumentali come Risonanza Magnetica Nucleare (RM) e PET con Fluorodeossiglucosio che possono essere utili per escludere numerose altre patologie che potrebbero avere sintomi simili pur avendo genesi differente. Al fine di poter individuare precocemente soggetti a rischio di sviluppare la malattia di Parkinson recenti studi che hanno visto il gruppo pisano in prima fila hanno dimostrato che mediante la RM è possibile visualizzare direttamente la sostanza nera apprezzandone perfino alterazioni come l’accumulo di un pigmento chiamato neuromelanina, l’accumulo di ferro e/o l’atrofia. Anche la SPECT con DaTSCAN è in grado di confermare o escludere la compromissione del sistema dopaminergico anche in uno stadio precoce di malattia, tuttavia si tratta di un esame che prevede l’esposizione a radiazioni per cui, se può essere ancora considerato un test di conferma nel sospetto clinico di malattia di Parkinson, non può essere considearto come uno strumento ideale da applicare su vasta scala nella popolazione con sintomi premotori. La necessità di individuare soggetti in cui ancora il deficit motorio sia ancora inespresso è intimamente legata ai risultati e le speranze che proverranno dagli studi sperimentali in corso in pazienti affetti da malattia di Parkinson iniziale con terapie “disease-modifying” indirizzate verso alcuni specifici bersagli molecolari. Tra i vari potenziali bersagli è stata individuata l’α-sinucleina, il cui accumulo intracellulare rappresenta un “marchio” patologico di malattia. In modelli animali si stanno sperimentando molte strategie che impediscano l’aggregazione delle fibrille di sinucleina fino alla costituzione di ammassi intracellulari che precipitano danneggiando il neurone, ma questi studi non sono ancora giunti alla fase di sperimentazione umana. La strategia farmacologica più incoraggiante è rappresentata dalla stimolazione del sistema immunitario con consegute “clivaggio” della sinucleina dalla cellula. Questo risultato può essere ottenuto inoculando frammenti di sinucleina nel paziente cosi da indurre una reazione immuno-mediata verso la sinucleina con un meccanismo simile a quanto si verifica con la vaccinazione con virus attenuati o con antigeni di provenienza virale o batterica. In una fase ancora piu avanzata sono le strategie di immunoterapia passiva con anticorpi monoclonali diretti specificamente contro la sinucleina con l’obiettivo di impattare il processo neurodegenerativo di base, rallentandolo o perfino arrestandolo. Questi studi nella fase II di sperimentazione sui pazienti con malattia di Parkinson sono in corso anche in Italia dove altre due sedi oltre al centro di Pisa sono coinvolte in questa “avventura”farmacologica, i cui risultati saranno disponibili non prima di 3-4 anni.