Giuseppe Figlini, Direttore Responsabile

Quando fu approvata dal Parlamento, quarant’anni fa, molti di noi erano giovani ed anche per questo pieni di speranze ed al contempo, forse, di sogni. Sentivamo soprattutto  la necessità di cambiare e migliorare.

Quale elemento innovativo percepivamo la tutela della salute come un’entità sociale e morale da proteggere, dando a ciascun cittadino uguali diritti e chiamando lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità.

Era pretendere troppo? In una riflessione generazionale, sinceramente no. A quell’epoca lo ritenevamo possibile, perché le novità introdotte dalla Riforma Sanitaria, indicate dal massimo organismo legislativo, lo stabilivano nero su bianco. Riponevamo quindi fiducia nelle Istituzioni.

Tutte le premesse dunque per giudicarla quanto meno positiva, se non addirittura buona. Se noi chiedessimo oggi un analogo giudizio, fra chi abbia vissuto dal vivo questa quarantennale realtà, troveremo invece valutazioni assai diverse, nella maggioranza dei casi negative.

Ben saldi ed intatti i principi propositivi, è rimasto soltanto un percorso organizzativo che ha deluso anno dopo anno  le aspettative, complice anche una gestionalità burocratica, di fatto artefice di averla impantanata fra le sabbie mobili: il fiore all’occhiello di ieri, entrando nell’Europa Comunitaria, un fardello pesante adesso, di cui s’avverte sempre più consistente l’ipotesi di rivederla.

Sta a noi, allora, ammettere gli errori ed i ritardi, senza cercare per forza i colpevoli. Ma iniziare, al più presto, un franco e cordiale confronto con le Istituzioni e trovare i necessari mutamenti perché la 833 ritorni ad essere quella grande “rivoluzione della salute” che gli italiani si sarebbero aspettati. Noi, per la parte di nostra competenza, siamo pronti.