L. Morelli, D. Gianardi, G. Di Franco, M. Palmeri, S. Guadagni, N. Furbetta, C. D’isidoro, F. Gremmo, G. Caprili, G. Di Candio SD Chirurgia Generale Universitaria – AOUP

La robotica in chirurgia generale, è ormai considerata una tecnica di routine, con indicazioni sempre più ampie, tanto che ormai qualsiasi organo addominale e toracico può essere approcciato chirurgicamente con elevata percentuale di successo, mantenendo i benefici e i vantaggi della tecnica mini invasiva. Parlare di chirurgia robotica significa, in primis, parlare di innovazione tecnologica applicata. Per il chirurgo generale la chirurgia robotica non è altro che una forma di laparoscopia avanzata, che ne conserva i vantaggi estetici e di decorso post operatorio, ma sfrutta proprio quanto viene offerto dall’innovazione tecnologica, per superarne le limitazioni tecniche, consentendogli di lavorare con maggior precisione, migliori risultati e di espandere le indicazioni.

Le versioni del robot da Vinci oggi in uso sono 2: l’Si e l’Xi.

Di queste, la più recente, introdotta sul mercato nel 2014, offre vantaggi soprattutto in termini di maggiore flessibilità di utilizzo ed i benefici sono particolarmente evidenti nella chirurgia multi-organo/multiquadrante in genere ed in particolare in colo-rettale. Il sistema è ibrido e composto da una porzione mobile rotante ed un supporto rigido, un’interfaccia guida paziente con pointer laser e funzione targeting, per una più facile una maggior flessibilità delle braccia robotiche che assicura una ridotta collisione degli strumenti, un sistema di videocamera, cavo fonte luce ed endoscopio integrati in un design portatile da 8 mm (camera “hopping”), che rendono il trocar dell’ottica intercambiabile. Inoltre già nell’anno immediatamente successivo alla sua uscita, la casa produttrice ha rilasciato tutta una serie di nuovi strumenti capaci di offrire ulteriori e determinanti opzioni tecniche, le suturatrici meccaniche dotate di polso e direttamente controllate dal chirurgo, come nuovi dissettori, la tecnologia della fluorescenza, ottima per studi di perfusione intraoperatoria o di mapping linfonodale, il lettino operatorio integrato (da Vinci Table Motion) che comunica via blue-tooth con il robot consentendo di muovere il paziente con gli strumenti inseriti in addome, senza disconnettere il robot. Tutti questi strumenti sono atti a rendere varie fasi delle manovre chirurgiche sempre più precise, sicure e rapide.

Nell’ottica di una giusta ottimizzazione delle risorse, l’organizzazione dell’attività è stata concepita fin dall’inizio con un approccio multidisciplinare, in maniera che i vari specialisti coinvolti afferissero al centro, nell’ambito di un coordinamento centralizzato. Così, con oltre 1000 interventi chirurgici multi-specialistici ogni anno, 3 sale operatorie attive tutti i giorni della settimana e la disponibilità di entrambi i sistemi robotici da Vinci, il Centro Multidisciplinare di Chirurgia Robotica di Pisa, diretto dalla Professoressa Melfi, è diventato oggi un punto di riferimento regionale, nazionale ed internazionale, per la chirurgia mini-invasiva robot-assistita.

L’accesso al robot per la chirurgia generale non è stato immediato, perché in una fase iniziale il primo robot fu acquistato per la cardiochirurgia ed usato prevalentemente in chirurgia toracica. Così i primi interventi a Pisa di chirurgia generale robotica, iniziarono nel 2006 sotto la guida del Prof. Franco Mosca, con i Professori Pietrabissa e Boggi, con una attività progressivamente cresciuta in maniera inarrestabile fino ad oggi e coinvolgendo un numero sempre maggiore di chirurghi.

Nel nostro attuale reparto di Chirurgia Generale Universitaria, a partire dal 2008 l’uso dei due sistemi operativi robotici, è stato applicato con successo dal Prof. Morelli (sotto la guida del quale 7 altri chirurghi strutturati hanno acquisito autonomia nell’eseguire interventi con il robot), per eseguire in totale ormai oltre 700 interventi, prevalentemente oncologici, in particolare su sistema epato-bilio-pancreatico, colon-retto, alte vie digestive, rene, surrene e retroperitoneo. Inoltre il nostro gruppo è stato il primo in Italia nel 2015, ad usare il da Vinci Xi e selezionato dalla casa madre del robot, come primo ed unico centro Europeo, per effettuare uno studio pilota con il da Vinci Xi.

Nell’ambito della chirurgia generale, la tipologia di interventi che possono essere eseguiti con tecnica robotica è molto variegata. In linea teorica infatti, tutti gli interventi che fino ad oggi erano eseguiti con tecnica “a cielo aperto” o in laparoscopia, possono essere valutati oggi per un eventuale approccio robotico.

Nel tempo abbiamo imparato, da un lato a selezionare sempre di più gli interventi che nei vari ambiti potevano trarre i maggiori benefici, dall’altro a spingere sempre più le indicazioni, man mano che è stato sempre più chiaro che, più i casi cono complessi, maggiore è il potenziale beneficio con l’utilizzo del robot. Per esempio, riguardo alla chirurgia del pancreas, se all’inizio la scelta dei pazienti da portare alla robotica cadeva principalmente sulle neoplasie benigne, in particolare quelle cistiche, oggi molti casi di tumori maligni vengono operati in sicurezza con il robot, con un’estensione significativa delle indicazioni a casi sempre più complessi ed ottimi risultati post-operatori. Infatti, l’esperienza ormai di molti interventi eseguiti dice che, quando la tecnica è applicabile, la radicalità chirurgica è esattamente la stessa della chirurgia tradizionale, con il vantaggio che il paziente sta bene e recupera prima, potendo affrontare più precocemente eventuali ulteriori terapie oncologiche.

Lo stesso vale per la chirurgia del fegato, in particolare dei tumori primitivi e ancora di più di quelli secondari. Infatti questi ultimi, in particolare le metastasi da tumori colo-rettali, frequentemente devono essere operati intervallando la chemioterapia alla chirurgia, e con accessi chirurgici ripetuti nel tempo, motivo per cui qualsiasi metodica in grado di minimizzare il trauma e consentire più rapidamente di tornare alle terapie oncologiche, può tradursi in un beneficio determinante per il paziente.

In ambito invece di chirurgia colo-rettale, molti dati di letteratura oggi confermano l’idea, che per gli utilizzatori è stata chiara fin da subito, che con il robot si lavori meglio nella pelvi, in particolare quando questa è stretta (sesso maschile), se il paziente è obeso e/o il tumore è avanzato. In casi come questi infatti, mentre la laparoscopia pura può diventare quasi proibitiva, la disponibilità del robot consente oggi di poter offrire alla quasi totalità dei pazienti con tumore del retto (oltre il 90% dei casi), indipendentemente da sesso, peso corporeo o caratteristiche della neoplasia, un approccio mini-invasivo e conservativo dello sfintere.

Nel trattamento chirurgico dei tumori renali invece, se la nefrectomia standard può essere eseguita agevolmente in laparoscopia diventata ormai il gold standard, quando i tumori sono voluminosi e i pazienti presentano conformazioni anatomiche complesse, l’uso del robot può aiutare nel mantenere concreti i propositi di un approccio mini invasivo. Nella nostra esperienza infatti, ad eccezione dei tumori del rene con trombosi cavale, la maggior parte delle neoplasie renali vengono operate in laparoscopia pura o robot-assistita (anche qui, oltre il 90% dei casi). Inoltre, sempre in questo ambito, la chirurgia robotica è diventata ormai metodica di scelta laddove sia possibile una chirurgia conservativa, sempre più frequente grazie alla diagnosi precoce, laddove si riscontrino dei tumori renali che possono essere tolti, senza sacrificio dell’organo.

Nella chirurgia del surrene, anch’essa in genere ben approcciabile con laparoscopia pura, si è visto che quanto più il tumore è grande ed il paziente complesso, soprattutto a causa della frequente obesità viscerale, quanto più con la robotica, possiamo andare al tavolo operatorio consapevoli che il paziente arriverà al termine dell’intervento senza necessità di conversioni a cielo aperto.

Infine anche in chirurgia gastrica e dello iato esofageo, in particolare per il trattamento di tumori che prevedono fasi demolitive e ricostruttive complesse e per il trattamento delle ernie permagne, con necessità risalire molto in torace e di applicare molti punti di sutura per la ricostruzione dello iato esofageo, il robot consente di ottenere ottimi risultati e di espandere l’opzione mini-invasiva ad un numero maggiore di casi.

Tutti questi tipi di intervento robotico, oltre che altri meno frequenti, vengono eseguiti routinariamente e con successo nel nostro reparto, come dimostrano il tasso di mortalità complessiva dello 0.001%, e risultati funzionali e oncologici estremamente soddisfacenti. A puro titolo di esempio di casi a maggior rischio oncologico, nella nostra casistica non è stata registrata nessuna recidiva locale post pancreasectomia (oltre 60 casi), post epatectomia (oltre 80 casi) in particolare per metastasi epatiche da colon-retto, post- nefrectomia parziale (oltre 110 casi), e solo 0.007% di recidiva locale post resezione rettale (considerando che, per frequenza di malattia, le resezioni colo-rettali hanno la numerosità maggiore, stimabile in circa 140 resezioni del retto ampollare e circa 40 resezioni di altri segmenti colici, principalmente il destro).

In sintesi, dopo anni di utilizzo, possiamo affermare con certezza che le principali conseguenze positive della disponibilità del Robot in sala operatoria, oggi, sono che esso consente: 1) di approcciare con tecnica mini invasiva interventi che con la laparoscopia pura una volta non erano ritenuti fattibili; 2) di portare a termine con tecnica mini invasiva interventi fattibili anche con laparoscopia tradizionale, ma talmente complessi da essere gravati da una elevata probabilità di conversione a cielo aperto durante la procedura (quindi ridurre i tassi di conversione e consentire ad una platea sempre più ampia di beneficiare di un approccio mini-invasivo); 3) di migliorare i risultati clinici di alcune procedure fattibili anche in laparoscopia; 4) di rendere più facile la formazione e l’apprendimento di giovani chirurghi.

Questo ultimo punto riveste un’importanza strategica per un reparto come il nostro che ha anche una missione formativa, in quanto universitario. Infatti se da un lato il robot riduce le curve di apprendimento di per sé, perché rende le manovre più semplici, dall’altro grazie alla disponibilità di una doppia console di comando, consente al chirurgo esperto di tutorare i novizi con grande sicurezza, con un meccanismo simile alla “scuola guida”. Inoltre, sia presso il centro di Robotica, che presso il centro Endocas (www.endocas.org), sono disponibili dei simulatori dedicati, acquistati con il contributo della Fondazione Arpa (www.fondazionearpa.it), Presieduta dal Prof. Mosca, che consentono in una fase pre-operatoria, di esercitarsi e di eseguire corsi atti a acquisire le competenze di base, prima di accedere al vero robot.

In conclusione, dati preliminari recentemente pubblicati dal nostro gruppo lasciano intravedere che molto di quanto abbiamo capito oggi sulla robotica, con studi randomizzati ed esperienze di singoli centri, si basa su dati raccolti a seguito di interventi eseguiti con il vecchio sistema, da chirurghi “robotici” ancora in curva di apprendimento e che la disponibilità di nuovi robot che stanno per entrare in commercio, aprirà uno scenario totalmente nuovo negli prossimi anni.

Le prospettive quindi sono ancora più entusiasmanti e la sensazione degli addetti ai lavori è quindi che siamo solamente all’inizio.